Come gestire la decompressione subacquea personalizzata
Febbraio 2, 2023La decompressione mnemotecnica: scelta ID-Personale, Total Value, miscela respiratoria, velocità di risalita
Marzo 27, 2023Per prevenire la decompressione, ci sono due tipologie di fattori utili. La prima tipologia include la vibrazione e alcune procedure di immersione che riducono le microbolle. La seconda tipologia include i fattori che aumentano la sintesi del monossido di azoto lubrificante della parete dei vasi sanguigni e gli antiossidanti che riducono il danno. La sicurezza in immersione dipende anche da fattori personali quali la genetica, l’alimentazione, l’allenamento e lo stile di vita.
“L’incidente da decompressione è causato dalle bolle che si innescano in risalita dall’immersione e bloccano il vaso sanguigno”
. Davvero? Nel 2023 riteniamo che questa sia una spiegazione incompleta. Le bolle sono presenti anche nel sangue del subacqueo in buona salute. In realtà, le bolle “possono” irritare i vasi sanguigni innescando la risposta del sistema difensivo (infiammazione). Il virgolettato indica che l’entità della risposta infiammatoria è individuale. L’innesco e la quantità di bolle dipendono più da fattori individuali che dal profilo di immersione. I ricercatori stanno individuando un marcatore del danno endoteliale che consenta di fare diagnosi certa dell’incidente da decompressione e, magari, prevenire l’insorgenza. Cercando i fattori individuali, sono stati proposti:
- Età e genere (donna, maschio)
- Indice di massa corporea
- Massa magra rispetto alla massa grassa
Attualmente sappiamo che i subacquei più allenati hanno minore probabilità di incidente da decompressione. Sappiamo che, almeno nei topi, c’è una trasmissione ereditaria della capacità di proteggersi dai danni delle bolle. Ancora non sappiamo quale parametro determini che un subacqueo produca un maggior numero di bolle (sia “bulligeno”) rispetto a un altro. Quando lo scopriremo, sarà possibile elaborare le procedure di decompressione personalizzate.
La ricerca ha valutato le azioni che, eseguite prima dell’immersione (pre-condizionamento), riducono la probabilità dell’incidente da decompressione. Al primo posto sul podio delle misure preventive vi è l’idratazione.
L’ideale è bere acqua prima dell’immersione ma, per quelli che temono la pipì, va bene anche bere appena dopo la risalita in barca o a riva. Preferire acqua bicarbonato calcica, cioè con l’indicazione in etichetta di circa 1000 milligrammi per litro di bicarbonato, come Ferrarelle, Lete, Sangemini.
Al secondo posto sul podio della prevenzione c’è la vibrazione. Nella ricerca, prima dell’immersione è stato utilizzato un materasso, poltrona vibrante oppure un mini trampolino (30 minuti). Nella realtà, va bene anche il trasferimento su gommone. La vibrazione rimuove meccanicamente le bolle aderenti alla parete dei vasi sanguigni e le elimina attraverso il sistema linfatico. Al terzo posto sul podio della prevenzione c’è l’ossigeno: 30 minuti meglio a 1,6 bar come, per esempio, l’ossigeno puro respirato a sei metri di profondità. Durante il pre-condizionamento con ossigeno questo sostituisce l’azoto nelle bolle. In immersione, l’ossigeno viene consumato e le bolle si afflosciano. Inoltre, l’ossigeno facilita l’eliminazione delle bolle attraverso la fognatura del corpo (il sistema linfatico).
In definitiva, sono due le strategie per prevenire l’incidente da decompressione:
- Ridurre le bolle
- Aumentare il monossido di azoto, proteggere i vasi sanguigni.
Prevenire la decompressione: ridurre le bolle
Analizziamo la prima squadra di prevenzione (i fattori che afflosciano le bolle). Il più potente agente è la vibrazione di cui abbiamo parlato. In Australasia, alcune procedure prevedono – a inizio stagione – immersioni profonde con lungo tempo di risalita, con l’obiettivo di schiacciare le microbolle. Poi, durante la stagione di lavoro subacqueo, i tempi di risalita sono inferiori a quelli ai quali siamo abituati in Italia.
Aumentare il monossido di azoto, proteggere i vasi sanguigni
Analizziamo la seconda squadra di prevenzione (i fattori che proteggono dal danno). L’allenamento ha due picchi di efficacia: quando eseguito 24 ore oppure 2 ore prima dell’immersione. L’allenamento innesca la sintesi di un gas (il monossido di azoto, NO) che lubrifica, protegge la parete dei vasi sanguigni e fa anche afflosciare le bolle. Stesso effetto lo hanno i farmaci che aumentano il monossido di azoto (citiamo gli integratori che contengono arginina, la quale reagendo con l’ossigeno produce il monossido di azoto). Nella ricerca su animale, inibendo la sintesi del monossido di azoto le bolle aumentanom, ma solo nei topi sedentari e non in quelli allenati. Questo evidenzia che, essendo l’organismo complesso, è necessario ragionare su diverse variabili associate.
Anche la sauna protegge dall’incidente da decompressione, aumentando nel sangue le proteine da shock termico (HSP). Queste proteine sono angeli protettori dell’organismo in quanto riparano eventuali danni. Nella ricerca la sauna si esegue, per trenta minuti, due ore prima dell’immersione. Nella pratica reale, va bene la sauna anche la sera prima dell’immersione (almeno quattro ore dopo la precedente immersione, quanto più vicino possibile alla successiva immersione). La sauna innesca la sintesi del protettivo monossido di azoto.
La risposta individuale, dipende anche dalle proprietà reologiche del sangue. Intendiamo l’attrito tra le diverse cellule del sangue (o viscosità); il valore dell’ematocrito (la sigla è Hct) che trovate negli esami del sangue e che per il subacqueo deve essere inferiore al 47% e dal potere individuale della difesa dallo stress ossidativo (antiossidante).
L’erogatore ci costringe alla respirazione per bocca. Peccato! È stato dimostrato che la respirazione per via nasale (con maschera facciale) protegge i vasi sanguigni perché nel naso viene prodotto il monossido di azoto. Questo miglioramento della funzione endoteliale è indipendente dalla profondità (funziona a 15 come a 100 metri).
L’alimentazione, lo stato di salute dell’intestino influenzano la probabilità di prevenire la decompressione. L’eliminazione del gas inerte (azoto) dipende dall’ampiezza della differenza tra la pressione parziale dell’ossigeno nel sangue pulito (arterioso) e dell’anidride carbonica nel sangue sporco (venoso). Viene definita finestra dell’ossigeno. Meno anidride carbonica c’è nel sangue venoso, migliore è l’eliminazione dell’azoto ed elio. La pressione parziale dell’anidride carbonica dipende dalle caratteristiche dell’immersione (profondità, miscela respirata, attrezzatura e relativo sforzo respiratorio) e dall’alimentazione, dallo stile di vita. Cibi ricchi di bicarbonato (frutta, verdura, acqua bicarbonato calcica) aumentano la riserva alcalina con migliore eliminazione dell’anidride carbonica. Cibi ricchi di scorie acide (carboidrati, proteine, grassi), riducono la riserva alcalina e aumentano la tossica anidride carbonica. La cioccolata fondente (30 grammi, due ore prima dell’immersione) facilita la sintesi del protettivo monossido di azoto. Il tè verde, l’estratto di barbabietola rossa, la spremuta di arancia rossa e altri antiossidanti facilitano la riparazione dell’eventuale danno ai tessuti durante la risalita dall’immersione. Un intestino in disordine produce idrogeno ed altri gas che compromettono il benessere in immersione.
Fondazione Mistral ritiene che la risalita dall’immersione sia da gestire in maniera personalizzata. É attenta a ogni procedura che renda possibile questo obiettivo. Promuove la ricerca in tal senso. Segui Fondazione Mistral
Dottore Pasquale Longobardi, Presidente AA Fondazione Mistral
Bibliografia
Balestra C, Germonpré P, Rocco M, Biancofiore G, Kot J. Diving physiopathology: the end of certainties? Food for thought. Minerva Anestesiol 2019;85:1129-37. DOI: 10.23736/S0375-9393.19.13618-8 Scarica qui